martedì 4 dicembre 2012

VERITA’ NASCOSTE SUGLI EBREI



VERITA’ NASCOSTE SUGLI  EBREI
E colpe secolari dei cattolici (Mariani o pagani, e NON Cristiani)

Ebrei sotto lo Stato Pontificio

Sotto l’Impero romano la Comunità ebraica romana si sviluppò diventando una dei più importanti centri ebraici della diaspora. Durante il Medio Evo, la Comunità rimase fedele alle sue tradizioni, e fu ugualmente attiva nella traduzione e nella copiatura di codici, e nella diffusione del sapere scientifico, servendo anche da ponte culturale tra il mondo latino della Chiesa cattolica e l’Islam.
INTORNO AL 1000 IN TUTTI I PAESI CRISTIANI VENGONO ISTITUITE LE CORPORAZIONI DI ARTI E MESTIERI, PER APPARTENERE ALLE QUALI BISOGNAVA PROFESSARE LA FEDE CRISTIANA; da questo momento gli EBREI, ESCLUSI DA OGNI A CAMPO DI ATTIVITÀ, SONO SOSPINTI verso l’unica professione preclusa ai Cristiani: quella di banchieri. La vita degli Ebrei subisce un mutamento radicale; non solo in Italia, ma in tutta Europa: facendo commercio di denaro si rendono necessari ovunque, ed è per questa sola ragione anche che ovunque sono tollerati. Gli Ebrei di Roma possono considerarsi i pionieri di questa nuova attività economica: i banchi di credito.
Le condizioni degli Ebrei a Roma e nello Stato pontificio vanno peggiorando: gli Ebrei devono fare le spese di due feste popolari che si tengono annualmente a Roma: una per il popolo in Piazza Navona, e l’altra per i soldati al Monte Testaccio. Per essere esonerati dall’obbligo umiliante di parteciparvi, gli Ebrei, fin dal 1312, pagano una forte tassa, che viene suddivisa fra tutte le Comunità dello Stato pontificio. Malgrado le tristi condizioni ambientali, gli Ebrei svolgono attività letteraria; e di quest’epoca ricorderemo il poeta Emanuele Romano, amico di Dante e forse suo coetaneo. Con l’arrivo degli ebrei espulsi da Spagna, Sicilia e Portogallo, a partire dal 1492, vennero introdotte a Roma usanze sefardite che convissero insieme a quelle della tradizione locale.
Il 12 luglio 1555 papa Paolo IV, al secolo Giovanni Pietro Carafa, con la bolla Cum nimis absurdum, revocò tutti i diritti concessi agli ebrei romani ed ordinò l’ISTITUZIONE DEL GHETTO, chiamato “SERRAGLIO DEGLI EBREI”, facendolo sorgere nel rione Sant’Angelo accanto al Teatro di Marcello, in una zona malsana, soggetta a inondazioni, con cancelli chiusi alla sera e riaperti all’alba. Fu scelta questa zona perché la comunità ebraica, che nell’antichità classica viveva nella zona dell’Aventino e, soprattutto, in Trastevere, ne costituiva la maggioranza della popolazione. Oltre all’obbligo di risiedere all’interno del ghetto, gli ebrei, come prescritto dal paragrafo tre della bolla, dovevano portare un distintivo che li rendesse sempre riconoscibili: un berretto gli uomini, un altro segno di facile riconoscimento le donne, entrambi di colore glauco (glauci coloris). Nel paragrafo nove, inoltre, VENIVA LORO PROIBITO DI ESERCITARE QUALUNQUE COMMERCIO AD ECCEZIONE DI QUELLO DEGLI STRACCI E DEI VESTITI USATI. Inoltre gli EBREI ERANO COSTRETTI ad assistere periodicamente a prediche che erano tenute nelle chiese adiacenti al ghetto e che miravano alla loro conversione. Tra le restrizioni giuridiche, sociali ed economiche, vi era quella che impediva agli ebrei di avere più di una sinagoga, prescrizione che fu aggirata incorporando sotto un unico tetto cinque diverse congregazioni o “scholae”, le Scole degli ebrei romani (Scola Tempio e Scola Nova) e le Scole Catalana, Castigliana e Siciliana, che raccoglievano gli esuli. Inizialmente erano previste due porte che venivano chiuse al tramonto e riaperte all’alba. Il numero degli accessi, aumentando l’estensione e la popolazione del ghetto, fu successivamente ampliato a tre, a cinque e poi ad otto. Il 6 ottobre 1586, con il motu proprio Christiana pietas, papa Sisto V revocò alcune restrizioni e consentì un piccolo ampliamento del quartiere che raggiunse un’estensione di tre ettari.
Le vicende della Rivoluzione francese e delle conquiste napoleoniche, sia pure con anni di ritardo e per un periodo limitato, modificarono le condizioni di vita degli ebrei romani. Il 10 febbraio 1798 le truppe francesi, comandate dal generale Berthier, entrarono in città. Il 15 febbraio venne proclamata la Prima Repubblica Romana, il 17 dello stesso mese all’interno del ghetto, in piazza delle Cinque Scole, fu eretto un “albero della libertà”, il 20 papa Pio VI fu costretto a lasciare Roma ed il giorno dopo, a Monte Cavallo, il comandante francese proclamò la parità di diritti degli ebrei e la loro piena cittadinanza. MA TALE CONDIZIONE EBBE BREVE DURATA: NEL 1814, CON IL DEFINITIVO RITORNO DEL NUOVO PONTEFICE PIO VII, GLI EBREI FURONO NUOVAMENTE RINCHIUSI NEL GHETTO.
La loro condizione è la peggiore di tutti gli Ebrei nello Stato pontificio. Il papa Pio VII, che era stato tenuto prigioniero da Napoleone, torna trionfalmente a Roma; e i commercianti ebrei – che nella breve parentesi di libertà avevano aperto dei negozi fuori dei ghetto – ricorrono all’antico sistema (nella tradizione dei sistemi ricattatori del Governo pontificio nei riguardi degli Ebrei) di offrire una forte somma (100 mila scudi) per poter continuare a godere dei diritti ottenuti. Invano: il ghetto viene nuovamente chiuso coi suoi portoni, che non erano stati bruciati; gli Ebrei sono cacciati dalle scuole, e perfino, ad Ancona, dagli ospedali. Torna l’obbligo della predica coattiva e l’umiliante omaggio in Campidoglio, se pure i capi della Comunità possono andarvi ora vestiti con abiti comuni anziché con grotteschi travestimenti, tali da suscitare ilarità e disgusto; solo nel 1830 viene abolito il tradizionale calcio che in tale occasione essi dovevano ricevere.
Quando nel 1823 viene eletto papa Annibale della Genga, che prende il nome di Leone XII, la situazione si aggrava ulteriormente. Questo papa, che ha iniziato il suo pontificato scomunicando i patrioti, due anni dopo la sua elezione ribadisce l’ordine che gli EBREI DEBBANO VIVERE RINCHIUSI NEI GHETTI, debitamente muniti di portoni; a Roma vengono tagliate fuori del ghetto due vie che erano state precedentemente aggiunte, e i negozi in esse situati devono venir chiusi entro 24 ore. Nel 1826 viene rimesso in vigore l’”Editto sopra gli Ebrei” del 1775: gli Ebrei non possono più servirsi nemmeno della “donna del fuoco” (la cristiana che accendeva il fuoco di sabato). Anzi, per maggior sicurezza, il papa proibisce senz’altro agli Ebrei di accendere fuoco di sabato. Nel 1828 le condizioni peggiorano ancora: è obbligatoria la vendita d’immobili, si rinnovano i battesirni forzati, si ripetono, con impressionante frequenza, paurosi casi di oblazione (Lugo, Ancona, altri centri): chi aveva avuto al proprio servizio una domestica cattolica, si faceva rilasciare per cautela un certificato, in cui questa dichiarava di non aver battezzato nessun membro della famiglia.
Alla morte di Leone XII (1829) SI INTENSIFICANO GLI ECCESSI ANTIEBRAICI. Per un anno è papa Pio VIII (1829-1830), che vuole inasprire ancor più le leggi vigenti, e proibisce agli Ebrei qualsiasi rapporto con i Cristiani, TRANNE CHE PER AFFARI. Il papa Gregorio XVI (1831-1846) rimette in vigore l’imposta di carnevale, che sostituiva l’obbrobrioso palio accompagnato da sconce gazzarre popolari; e nel 1836 caccia da Bologna gli Ebrei che vi avevano preso stanza dopo la Rivoluzione francese. In questo periodo la Comunità di Roma rimane senza rabbino.

chi Grida nel Deserto
Daturiano Gamifali
http://daturiano-dionaturafamiglia.blogspot.com/
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